MUORE GESU’…E TOCCA IL TEMPO

VENERDI SANTO 19.04.2019

Venerdì santo: contempliamo nella croce il ponte che ci riporta nel passato, fino ad arrivare al momento della creazione. Con la polvere del suolo, animata dal soffio di Dio, Adamo fu plasmato una prima volta, oggi la sua cenere mortale, viene bagnata dal sangue di Gesù, e l’essere umano viene riplasmato in una condizione superiore. Nella morte che i nostri occhi vedono, in realtà si nasconde la nascita della creatura nuova, finalmente riammessa nel paradiso perduto Non portiamo più l’immagine dell’uomo fatto di terra, ma dell’uomo celeste che realizza il sogno originario e originale del Padre.

Venerdì santo: contempliamo nella croce il ponte lanciato verso il futuro. Stando ai racconti della passione, la primizia della redenzione non sembra essere Adamo, ma il ‘il buon ladrone’, crocifisso accanto a Gesù. Proprio a Lui viene fatta la promessa “Oggi sarai con me in paradiso” per cui è lui che riapre le porte chiuse per l’antico Adamo, riapre per noi il varco del paradiso. Risuoni anche sulla nostra bocca il debole grido di quest’uomo: “Ricordati di me” e diventi anche nostro il grande atto di fede che esso contiene e che ottiene la salvezza.  Questo ‘malfattore’ è il paradigma dell’umanità salvata, non in forza della legge, ma per aver confessato la fede nella misericordia di Dio, sigillata dal sangue del Figlio.

Venerdì santo: contempliamo nella croce il ponte transitabile nel presente. La croce di Cristo è il talamo nunziale sul quale lo sposo si è addormentato e dal suo fianco ferito, come accadde nel sonno di Adamo, viene tratta la Chiesa, la nuova Eva, quella chiesa che noi pure, oggi, formiamo. Queste nozze della coppia originaria Cristo-Chiesa riscattano le nozze di Adamo ed Eva, da cui si è propagata la morte. Recita un’antica preghiera: “Come il pellicano, anche tu, o Verbo, ferito al fianco hai ridato vita ai figli morti, facendo sgorgare per loro rivi vivificanti”. Lasciamoci inondare dall’amore di questo nostro sposo che ci ha amato a tal punto da morire perché noi potessimo vivere. Lasciamo tanto spazio al silenzio e alla contemplazione di un così tale grande mistero.