ETIOPIA, GRAVE CATASTROFE UMANITARIA NEL TIGRAY. CARITAS LANCIA L’ALLARME

All’inizio di novembre 2020, in Etiopia nella regione
 del Tigray, al confine con Eritrea e Sudan, è esploso
un conflitto armato tra forze federali e regionali.
Secondo diversi rapporti internazionali, il Tigray si
conferma una delle regioni più povere dell’Etiopia
con un alto tasso di malnutrizione, carente
copertura sanitaria e ora fortemente insicura e con
gravi e diffuse violenze. Questo conflitto arriva in un
momento in cui l’Etiopia è già alle prese con
molteplici crisi umanitarie causate da sfollamenti,
insicurezza alimentare, invasioni di locuste e dalla
pandemia di covid‐19. Inoltre, tensioni e scontri
inter‐comunitari e politici si sono verificati anche in
altre aree come nella regione di Benishangul Gumuz e nella Zona di Konso (regione dello SNNP) dove da anni vi sono proteste e scontri tra forze governative e gruppi che contestano la suddivisione amministrativa della Zona.

Il conflitto colpisce in modo preponderante la popolazione civile con decine di migliaia di vittime e la fuga di centinaia di migliaia di persone all’interno del Tigray così come nelle vicine regioni di Amha e Afar e verso il Sudan. Si stimano in oltre 1,3 milioni gli sfollati interni e secondo l’UNHCR sono almeno 60.700 i rifugiati in Sudan. L’Alto Commissario dell’UNHCR, Filippo Grandi, ha invitato le autorità a ripristinare i servizi di base nel Tigray e ad aumentare l’accesso umanitario alla regione, poiché la situazione è estremamente grave.

Insicurezza alimentare in Etiopia – gennaio 2021

Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (OCHA) nel Tigray, già prima del conflitto, le persone che necessitavano di assistenza umanitaria erano 950.000 e nei mesi successivi si stima un aumento di 1.3 milioni persone. In realtà le cifre sono incerte e secondo altre fonti, estendendo l’area anche alle regioni limitrofe che accolgono sfollati, a febbraio 2021 sarebbero circa 4,5 milioni le persone in stato di bisogno. Particolarmente preoccupante la situazione alimentare con una larga parte del Tigray che registra livelli di carenza di cibo tra le più gravi, sull’orlo della carestia con i primi morti per fame. Fonte: OCHA

Preoccupano inoltre la condizione dei circa 96.000 rifugiati eritrei ospitati nei quattro campi presenti nella regione alcuni dei quali risultano essere gravemente danneggiati.
Le agenzie umanitarie e la Chiesa locale hanno identificato quattro bisogni primari: protezione per le categorie più vulnerabili; cibo; sanità data la scarsità di medicine e servizi primari; accesso ad acqua e igiene per l’alto rischio di epidemie; soluzioni abitative temporanee e utensili di base. La richiesta alle parti in conflitto è di garantire l’accesso umanitario con corridoi protetti per raggiungere la popolazione civile e il flusso di comunicazioni.

Persone in fuga verso il Sudan

Le ragioni del conflitto

Il contesto già fragile del Tigray, arido e impoverito, ha visto un deterioramento dopo che a settembre si sono tenute le elezioni non riconosciute dal Governo centrale di Addis Abeba che continua a rimandare il suffragio a causa della pandemia. Le origini di questo conflitto, però, hanno radici più profonde. Le elite tigrine, infatti, hanno dominato la scena politica etiope in una grande coalizione tra partiti regionali per vent’anni fino alle proteste di piazza del 2015 che hanno dato una svolta alla vita del paese denunciandone la corruzione. Con l’arrivo del nuovo Primo Ministro e lo scioglimento del Fronte democratico rivoluzionario del popolo etiope (Eprdf), al quale aderiva anche il Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf), le relazioni con il governo centrale sono ulteriormente peggiorate. Da qui una serie di provocazioni che hanno inasprito i contrasti fino al casus belli delle elezioni di settembre. A nulla sono valsi diversi richiami della comunità internazionale, di Papa Francesco, dell’Unione Africana per richiamare i fragili equilibri che questa regione etiope influenza. Infatti, il Tigray ha una porta sul Sudan, la medesima da cui in queste settimane stanno transitando decine di migliaia di profughi. Il Sudan ha un’annosa controversia territoriale con l’Etiopia nel Sudan orientale, sul confine della regione Amhara e periodicamente la situazione si acutizza. Anche la Grande diga del rinascimento etiopico (GERD) gioca un ruolo importante nelle relazioni con l’Egitto. Infine, l’annosa questione con l’Eritrea dopo una pace tanto attesa e da poco siglata.

L’IMPEGNO DI CARITAS ITALIANA

Caritas Italiana sostiene da anni le iniziative di Caritas Etiopia in favore delle vittime di insicurezza alimentare e di crisi umanitarie provocate soprattutto dalle siccità e da altre catastrofi naturali che ciclicamente  colpiscono il Paese (alluvioni, invasioni di locuste). Continua la vicinanza alla Chiesa locale anche per la crisi  nel Tigray, per la quale ha la Caritas nazionale (Ethiopian Catholic Church Social & Development Commission ‐ ECC‐SDCO) prontamente attivato una rete di coordinamento per monitorarne gli sviluppi e garantire una risposta umanitaria adeguata, coinvolgendo sia gli uffici diocesani sia gli organismi internazionali della rete Caritas già presenti sul territorio.
La rete Caritas ha lanciato il programma di risposta emergenziale “Humanitarian Operation for Peaceful Coexistence” (HOPE) proposto e coordinato dalla Caritas nazionale che ha un duplice obiettivo:

  • migliorare le condizioni di vita e il sostentamento delle comunità colpite dal conflitto minacciate da insicurezza fisica, alimentare e sanitaria, attraverso la fornitura di assistenza umanitaria;
  • promuovere la convivenza pacifica per garantire la fiducia e la tolleranza reciproca tra i diversi gruppi etnici attraverso iniziative integrate di costruzione della pace. 
Il progetto si realizza in 23 distretti (woredas) di quattro regioni colpite dalla crisi in atto nel Tigray, da conflitti intercomunitari e politici tra diversi gruppi o che ospitano sfollati interni. In particolare 12 distretti nel Tigray, 3 distretti nella regione di Amhara, 6 distretti nel Benishangul Gumuz e 2 distretti negli Stati regionali SNNP. Un totale di 353.000 persone potranno essere raggiunte se il programma sarà finanziato interamente. 
Il programma multisettoriale si compone di varie attività combinando aiuti di urgenza e interventi di riabilitazione e ripristino delle autonome capacità di sostentamento favorendo il rientro nelle aree di provenienza degli sfollati non appena le condizioni di sicurezza lo consentiranno. Di seguito maggiori dettagli sulle attività in corso e previste nell’arco dei 12 mesi.
  • Supporto nutrizionale ai bambini minori di 5 anni malnutriti e la distribuzione di voucher per l’acquisto di cibo. Il supporto nutrizionale è fornito con la distribuzione di Famix (integratore alimentare) al ritmo di 2 kg / bambino / mese per due mesi con l’intento di raggiungere 24.000 bambini. Il supporto nutrizionale verrà offerto in tutti i 23 distretti dove si realizza il progetto. I voucher per l’acquisto di cibo e altri beni primari sono pari a circa 60 euro a famiglia, con l’intento di raggiungere 7.600 famiglie. La selezione dei destinatari sarà effettuato con la partecipazione delle comunità dando priorità agli sfollati interni. I criteri di ammissibilità si basano sul grado di vulnerabilità ed esposizione alla crisi, con priorità ai nuclei familiari con donne capofamiglia, agli anziani e alle persone con disabilità.

Distribuzione di aiuti da parte di Caritas

Distribuzione di sementi e animali per la ripresa di attività di sostentamento familiare. Considerando la possibilità
che gli sfollati interni possano
ritornare alle loro case, il  progetto intende fornire
sementi locali selezionate
(principalmente sorgo) a circa
16.000 famiglie (15 kg /
famiglia) in 15 distretti (12
nel Tigray e 3 in Amhara) in
modo che possano coltivare i
loro terreni agricoli e
garantire la sicurezza
alimentare durante le stagioni delle piogge. Sarà data priorità alle donne capofamiglia che possiedono appezzamenti di terreno. Negli stessi distretti si intendono distribuire 2 capre (un maschio e una femmina) a famiglia con l’obiettivo di raggiungere 4.900 nuclei che hanno perso i loro capi di bestiame.

Distribuzioni di materiale agli sfollati quali materassi, abiti, coperte, utensili per cucinare, secchi per la raccolta e la conservazione dell’acquaI beni di prima necessità sono distribuiti a 11.400 famiglie di sfollati interni che risiedono in 16 distretti. I materiali includono anche taniche, piatti, tazze, secchi da 20 litri, pentole, indumenti da notte aggiuntivi come coperte, materassi e cuscini.

Distribuzione diretta di acqua e ripristino di sistemi idrici danneggiati dal conflittoNelle aree in cui i sistemi idrici non sono operativi è necessaria la distribuzione immediata dell’acqua tramite autotrasporti da fonti esistenti. Si intende distribuire 3.130 metri cubi d’acqua in aree prioritarie selezionate (5 distretti nel Tigray e 3 in Amhara) in cui l’accesso all’acqua è limitato, la fornitura è prevista per circa un mese sino a quando il sistema esistente non sarà reso operativo. Le 
persone che si vogliono raggiungere sono 9.700. Inoltre 10 sistemi idrici in 8 distretti e 2 campi profughi, danneggiati dal conflitto, saccheggiati e non operativi saranno riabilitati fornendo pezzi di ricambio, installazione di impianti elettromeccanici, serbatoi di stoccaggio e condutture. Il numero di beneficiari stimati attraverso il mantenimento dei sistemi idrici è di 16.700 famiglie. Il progetto intende coprire anche il costo di esercizio iniziale del programma idrico e la sua riorganizzazione in ordine alla sostenibilità futura.

Supporto medicosanitario a bambini e anziani.
 Si intende fornire un supporto sanitario a 250 bambini e 1.200 anziani coprendo le spese mediche nei centri più vicini. L’assistenza sanitaria riguarda principalmente la prevenzione delle patologie dovute a scarse condizioni igienico –sanitarie piuttosto frequenti nei campi sfollati.

Kit di primo soccorso per il trattamento dei traumi, counselling e supporto psicologico
. Si prevede la fornitura di kit di primo soccorso a sfollati e l’offerta di counselling e supporto psicologico a 200 rifugiati.

Prevenzione e protezione dal covid19 ed altre epidemie
. Al fine di contrastare la diffusione del covid‐19 e di altre epidemie, sono forniti serbatoi di stoccaggio dell’acqua e detergenti per favorire il lavaggio delle mani tra gli sfollati, 15 cisterne d’acqua con un volume di 5.000 litri ciascuna saranno fornite ad uso di 15.000 persone (12 nel Tigray e 3 negli Stati regionali dell’Amhara). In aggiunta, si prevede la costruzione di servizi igienici per sfollati e la distribuzione di sapone solido nella zona di Metekel e Konso.

Kit scolastici per gli sfollati
. Si intendono fornire 1.000 kit con materiale didattico per i bambini nei campi per sfollati in aggiunta a biscotti energetici per colmare il divario nutrizionale.

Attività per favorire il dialogo e la convivenza pacifica.Innanzitutto si intende svolgere un’analisi dei danni che il conflitto ha inferto alle comunità sul piano fisico, psicologico e sociale. Inoltre si vuole favorire un processo di riconciliazione tra le comunità attraverso attività di sensibilizzazione e mobilitazione di leaders religiosi e figure chiave a al fine di ripristinare la fiducia e il dialogo tra le comunità vicine del Tigray e dell’Amhara non 
appena le condizioni di sicurezza lo consentiranno. Inoltre, a livello istituzionale, si intende promuovere un forum per la pace e la riconciliazione.

Destinatari per ambito di intervento *

COSA SI PUO’ SOSTENERE CON UN’OFFERTA A CARITAS ITALIANA

Con un’offerta a Caritas Italiana si può contribuire agli interventi descritti in precedenza. A titolo indicativo di seguito il costo di alcune delle attività previste.

Sin dai primi momenti dopo l’esplosione, Caritas Italiana è entrata in contatto con i colleghi di Caritas Etiopia e della rete Caritas internazionale. Grazie alla solidarietà di singoli e comunità espressa tramite offerte in denaro, Caritas Italiana contribuisce al piano di aiuti descritto in precedenza e a interventi in favore dei rifugiati nei paesi limitrofi sostenuti anche da Caritas di altri paesi. La piena attuazione dei piani di intervento e il numero di destinatari effettivi che si potranno raggiungere dipende dalle risorse raccolte. Per questo motivo la chiesa etiope ha lanciato un appello agli organismi caritativi internazionali per proseguire il programma di aiuti che necessita ancora di ulteriori contributi per essere realizzato pienamente.

A tal fine è stato lanciata una raccolta fondi tramite i consueti canali di Caritas Italiana con causale: “Emergenza Etiopia”. Anche per questa emergenza è importante che la solidarietà mantenga un’attenzione oltre l’immediato data la complessità della crisi e l’elevata vulnerabilità delle popolazioni indipendentemente dal conflitto in corso.

Data l’entità della crisi, si è attivato il protocollo di coordinamento per le emergenze di Caritas Internatioanalis con l’istituzione di un tavolo delle Caritas nazionali operanti in Etiopia convocato in modo regolare in teleconferenza e presieduto dalla Caritas nazionale (ECC‐SDCO), l’invio regolare di aggiornamenti, la predisposizione di appelli d’urgenza su cui concentrare le risorse provenienti dalla rete Caritas ( il piano di azione menzionato in precedenza). Lo stesso avviene per quanto riguarda le iniziative in Sudan in favore dei rifugiati dal Tigray. Caritas Italiana partecipa a queste iniziative e ed è richiesta, come di consueto, di essere punto di riferimento per la Chiesa italiana. Caritas Ethiopia, a sua volta, è il punto di riferimento per la Chiesa cattolica etiope nelle sue diverse espressioni e riti e garantisce il collegamento e il coordinamento in loco con le autorità locali, le agenzie nazionali e internazionali, le altre organizzazioni umanitarie sul campo.